sabato 27 marzo 2010
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Quando faccio il ponte della Vittoria e vedo quell’argine destro dalla golena deserta, mi prende un vuoto allo stomaco e giro lo sguardo. Sento un pugno allo stomaco quando un’amica mi racconta che al caffè si assiste al solito discorso di insofferenza, del tipo “…poteva starsene al paese suo “, parlando del ventenne brasiliano che si è impiccato a Parco Europa. Quale palpito materno! Quando vedo che la povertà, quella vera, insidia persone che hanno dato il loro meglio per meritarsi una vita serena, non mi va giù il boccone con lo stesso piacere di una volta. E mi sovviene allora di quelle notizie dal Sud di alcuni anni fa, pezzi di giornale gialli che ho conservato a futura memoria, in cui un nonno, persona rispettabilissima, fu sorpreso a rubare quaderni al supermercato per il nipotino o due sorelle imploravano aiuto perché “ Stiamo morendo di fame “. Sempre la stessa sensazione di nausea, di rifiuto di appartenere a un Paese che permette cose del genere. Quale più grande menzogna di richiamarsi alle “ radici cristiane “! Quali radici cristiane? Abbiamo il senso del limite, l’onestà di dichiarare fino in fondo di che pasta siamo, avere il buon gusto di tacere, tacere, tacere. Quella propaganda greve che trasforma la paura primordiale in odio, che rende ignobile un popolo generoso come quello veneto, principale erede della cultura civica del diritto romano, primo sempre nelle donazioni e nel volontariato, ha da finire. Su questa strada si fa il peggior regalo ai nostri figli, ai nostri nipoti alle generazioni che verranno, se verranno…., CORNELIA, ecco i miei gioielli.
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